Federico Marri
Ero appena arrivato a Livorno che fui invitato – sarà stato l’84 o l’85 o forse dopo – a partecipare a un convegno su Mascagni nella sala consiliare del Comune. Veramente non sapevo che dire, di Mascagni non mi ero mai interessato e continuo a non interessarmi. Mi dissero di parlare di lui con un vago di’ qualcosa. Invece, parlai di altri autori livornesi che, secondo me, meritavano attenzione. Come potete dedurre, la mia ascesa nella cultura (meglio: nella politica che si occupa di cultura) livornese cominciò subito male, e infatti non c’è mai stata.
Ma voglio fermarmi su una cosa di quell’evento: l’ospite principale, un noto esperto mascagnano, a un certo punto esclamò con enfasi, più o meno: «Se a Pesaro fanno il festival per Rossini, perché non dovrebbe riuscirci Livorno per Mascagni?». Ci furono applausi da stadio. Quel concetto l’ho visto ripetuto per il “Mascagni Day” di settembre, promosso da associazione Reset e, udite udite, dai 5stelle di Livorno, con la partecipazione di esponenti di spicco della Fondazione Goldoni. Cito dal sito dei grillini: «Pesaro ha il suo festival dedicato a Rossini, similmente Catania con la rassegna dedicata a Bellini mentre, più vicino a noi, Torre del Lago Puccini è letteralmente un museo all’aria aperta del compositore di Tosca, Madama Butterfly e Turandot. E Livorno che fa per Pietro Mascagni?».
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